Monthly Archives: febbraio 2014

Tra le pagine

Non c’è lavoro che non sia accompagnato da una ricerca bibliografica.

Una delle prime piste seguite per questo lavoro è stata proprio la ricerca fra le fonti bibliografiche, ma ben presto ho constatato che non esiste una storia della Cartiera. Sono, invece, tante le pubblicazioni che, sotto diversi punti di vista, ne parlano.

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1946, le impiegate: quante sono e quali mansioni svolgono

Nel 1946 la Cartiera di Foggia, stando sempre all’elenco conservato nell’Archivio Storico, conta 76 impiegati: 70 uomini e 6 donne.

Dopo quella sulle operaie, questa visualizzazione mostra la presenza di uomini e donne tra gli impiegati.

Quanto alle mansioni, per gli impiegati l’elenco riporta: capo computista, capo officina, capo officina principale, capo servizio, capo ufficio, computista, computista capo, impiegato di concetto, ingegnere, ingegnere capo e vice capo officina.

 

1946, le operaie: quante sono e quali mansioni svolgono

Gli operai sono la forza lavoro più numerosa dello stabilimento. L’elenco, conservato nell’Archivio storico di Foggia e risalente all’agosto 1946, conta 1441 operai. Di questi, come elaborato in questa infografica, le donne sono soltanto 146.

Con questa visualizzazione comincio un approfondimento, grazie agli strumenti del datajournalism, della lettura di genere.

Quali mansioni svolgevano le operaie? Dall’elenco risultano tre qualifiche:  apprendista, operaio e capo operaio. Nessuna donna risulta apprendista e soltanto 4 sono capo operaio.

1946, quante persone lavoravano in Cartiera?

Nell’agosto 1946, come riportato nell’elenco conservato nell’Archivio di Stato di Foggia, nello stabilimento di via del Mare lavoravano 1558 persone, di cui soltanto 152 donne.

Questo è il primo dei grafici che ho elaborato dall’elenco ed offre un quadro d’insieme della situazione.

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Carta conta, ma taglia anche

Quarta ed ultima intervista, per ora, registrata a Foggia il pomeriggio del 29 aprile 2013.

Ho lavorato dal 1963 al 1999.
Inizialmente ho lavorato al reparto allestimento, la carta comune, sette anni, poi il resto al reparto valori, più di trent’anni. Molto faticosi. Non c’erano sollevatori…tutte piegate per terra a prendere le risme di 25 chili. E’ stata dura.

Entro le 7 dovevamo marcare il cartellino, poi si incominciava a vedere cosa si doveva fare, distribuire il lavoro. All’epoca c’era una signora anziana che ci distribuiva il lavoro nella scelta della carta, nel contare, nell’impaccare. Erano tutti mezzi rudimentali. Non c’era lo scotch. Prima avevamo una carta…con il pennello, l’acqua, si strisciava questa carta, si bagnava e la mettevamo su i pacchi. Facendo 700/800 pacchi al giorno, quando erano di media grandezza, le dita si rompevano…a strisciare quella carta, le dita spellate. Si attaccava la colla alle dita, una puzza. Non potevamo nemmeno dare la mano al fidanzato perché le mani puzzavano. Anche se le lavavi, ti improfumavi, quella puzza rimaneva. Poi dopo è venuto lo scotch ed è andata un pochino meglio. Per quanto riguarda la carte, per i pesi no.
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Ad alta specializzazione

Questa è la terza intervista. E’ stata registrata a Foggia la mattina del 16 febbraio 2013. E’ trascorso qualche mese dalle prime due interviste. In quei mesi mi sono dedicata alla ricerca d’Archivio e mettersi in contatto con le lavoratrici non è sempre stato facile. Devi spiegare il progetto (che ai più può sembrare una cosa folle o insensata), devi guadagnarti la fiducia di queste persone alle quali chiedi di raccontarti un pezzo della loro vita. Tutte le donne che ho intervistato hanno sempre preferito che io andassi a casa loro ad intervistarle. 

Sono stata assunta a 17 anni, il 5 novembre 1963.
Sono andata in pensione nel 1999, ad agosto con 40 anni di servizio: 37 effettivi e 3 di amianto.
Io sono stata alle filigrane, dove si creava la filigrana per avvalorare le carte valori (francobolli, passaporti, cambiali, gioco del Lotto). Sono sempre stata lì. Era un lavoro piuttosto specializzato, importante, che dava soddisfazione.
Non è stato il mio primo impiego perché ho cominciato a lavorare molto giovane, a Milano. Facevo le resistenze dei ferri da stiro. A Foggia quello all’Ipzs è stato il primo impiego e anche l’ultimo.
La cartiera è stata molto importante. Io svolgevo un lavoro importante alla filigrana. Sulla carta di circolazione delle auto si intravede un volante e quello l’ho fatto proprio io. Uno degli ultimi lavori che ho fatto è quello delle ricette sanitarie. Se mette in trasparenza la ricetta, vede tanti serpenti e di lato c’è scritto Ipzs.

Quando sono stata assunta io eravamo più di 1200/1300, poi il numero è andato scemando. Quando sono andata in pensione eravamo sulle 700 unità. Poi si è quasi annientata. E’ un peccato, mi dispiace. Ci ha dato benessere. Ho lavorato, lo dico con fierezza perché ho fatto il mio dovere, però mi ha dato tanto.

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A microfono spento

Come ho già scritto, la sezione Donne di carta ospita le interviste (quattro quelle fino ad ora realizzate) alle ex lavoratrici della Cartiera. Si tratta della trascrizione delle interviste, quindi troverete le incertezze linguistiche, le pause.

Ho preparato le interviste predisponendo una batteria di domande che ho rivolto a tutte.

Questo lo schema utilizzato che, di volta in volta, ho messo a punto a seconda della piega che prendeva l’intervista:

età, stato civile, figli, pensionata (da quando);

quando ha iniziato a lavorare, che mansione svolgeva, il rapporto con le colleghe\colleghi;

abita nella zona della Cartiera o in un altro quartiere;

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Uno sguardo di genere

Questo mio lavoro si connota per una lettura di genere della Cartiera. Sia nella ricerca d’Archivio che nelle interviste ho privilegiato questo aspetto. Si parla poco del lavoro femminile e questa mi è sembrata una buona occasione per dare voce alle donne che hanno trascorso quarant’anni della loro vita nello stabilimento di via del Mare.

Viadelmareracconta segue due percorsi: il primo è la  la ricerca tra le carte dell’Archivio di Stato di Foggia, il secondo le interviste ad alcune donne che hanno lavorato in Cartiera.

Ho immaginato la vita di Antonietta che a 20 anni entra in fabbrica, magari per sostituire un marito o un fratello in guerra.
Sono entrata in punta di piedi nelle case delle donne che mi hanno accolta per raccontarmi la loro storia in fabbrica, da operaie o da impiegate. Si sono commosse ricordando l’odore della colla che non andava via dalle mani, mostrandomi la foto di un momento della vita di fabbrica.

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L’odore che hai addosso

Questa, invece, è la trascrizione di una intervista registrata la mattina del 3 novembre 2012 a Foggia. L’ex lavoratrice è una collega di quella intervistata qualche giorno prima, quindi alcuni ricordi si intrecciano, alcuni particolari della vita di fabbrica ritornano.
L’intervista sembrava essere finita dopo appena venticinque minuti, ma non volevo arrendermi. Così ho insistito sul rapporto con le anziane, quelle che erano entrate nel dopoguerra, probabilmente alcune delle donne di cui porta notizia l’elenco ritrovato nell’Archivio di Stato.

Ho lavorato dal 1972 al 2007, 36 anni.
Prima ho lavorato come segretaria in un negozio. Sono diplomata, ma al Poligrafico mi sono fermata nei reparti perché si era formato un gruppo e non ho pensato a concorsi interni. Mi piaceva quel lavoro. Sono rimasta sempre a lavorare la carta.

Ho una vita lavorativa un po’ movimentata perché ho girato quattro reparti: sono stata 20 anni al reparto carte valori, ed era quello il lavoro che mi piaceva tantissimo fare; poi sono stata alla grafica, era stato aperto un nuovo reparto, ma è durato 10 anni. Hanno scelto alcune di noi più preparate, ma poi dopo dieci anni il reparto ha chiuso. Gli altri 16 li ho trascorsi alle targhe, quindi un lavoro completamente diverso dalla carta. Tutto sommato è stata un’esperienza buona anche perché sono io portata, non trovo difficoltà, mi ambiento e lavoro bene. Non lo dico io. Sono stata gratificata in questo. Ho sempre avuto un buon rapporto con i colleghi e con i superiori.
Era un ambiente prevalentemente maschile. Io ho lavorato quattro anni sola, come donna.
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